Saluti di altri compagni del (nuovo)PCI

(nuovo)Partito comunista italiano

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14 aprile 2019
Iniziativa contro la repressione al GTA di Gratosoglio


Cari compagni,

a nome del Centro del (n)PCI ringrazio il GTA e il P.CARC per averci invitato a intervenire all’iniziativa di oggi.

La repressione nel nostro paese è in aumento. Questo dato significa principalmente una cosa: la borghesia imperialista (quindi i padroni, i banchieri, gli alti prelati, i capi delle organizzazioni criminali, ecc. che detengono il potere) ha paura delle masse popolari, teme che il malcontento per il suo operato cresca e metta a repentaglio il suo dominio. Questo è un punto fondamentale: la repressione non è un segno di forza del nemico, ma di debolezza!

La repressione è inevitabile. Chi vuol cambiare le cose non può prescindere da questo. Bisogna essere contro la repressione, non temerla, combatterla e rovesciarla contro il nemico. Quando il nemico attacca, se l’organizzazione resiste e contrattacca facendo un’ampia campagna di denuncia e mobilitazione, limita lo sbandamento nelle sue file, aggrega nuove forze e diventa un punto di riferimento per quanti sono contro lo stato presente delle cose: per questo bisogna combattere e non piagnucolare!

Il (n)PCI è un partito clandestino. Esso è il retroterra sicuro per tutte le organizzazioni pubbliche, perché 1. con la sua esistenza scoraggia gli attacchi del nemico nei confronti delle organizzazioni pubbliche (se il nemico estende la repressione, conferma che è giusto organizzarsi clandestinamente), 2. crea le condizioni per affrontare efficacemente la repressione e rivoltarla contro il nemico (il partito clandestino non può essere distrutto dal nemico e non si fa legare le mani dalle sue leggi), 3. infiltra suoi uomini negli apparati repressivi del nemico, 4. crea le condizioni per avanzare nella lotta per il socialismo indipendentemente da quale sarà l’azione del nemico (ricorso alla strategia della tensione, alla guerra civile, ecc.).

Uno dei compiti del (n)PCI è ridurre gli effetti negativi della repressione sulle organizzazioni popolari e di rivoltare contro il nemico i suoi attacchi, rafforzando la combattività e l’organizzazione delle masse popolari. Il (n)PCI farà del suo meglio, compagni del GTA, per sostenere la vostra lotta contro la repressione, per rafforzarla e per contribuire alla sua vittoria!

Avete ragione nel ritenere che per lottare contro la repressione è importante anche “smontare” la propaganda che i media borghesi fanno sul carcere, presentandolo come un luogo con continue risse, stupri, pestaggi, dove non esistono ribellione e solidarietà. Le cose non stanno così, come ho potuto constatare anche personalmente durante la mia detenzione nel 2005 in Francia, nel quadro di una delle inchieste per “associazione sovversiva” contro la Carovana del (n)PCI. I detenuti provengono in maggioranza dalle masse popolari e sono finiti in carcere a causa di assenza di lavoro e delle condizioni per una vita dignitosa per tutti. In carcere sono privati della libertà, controllati e spesso ammassati in celle sovraffollate. Inoltre, numerosi subiscono violenze da parte delle forze dell’ordine (soprattutto gli immigrati e i tossicodipendenti – il caso Cucchi è solo la punta dell’iceberg).

Dove c’è oppressione, ingiustizia c’è anche ribellione. La brace cova sotto la cenere, anche “dietro le sbarre”: la dimostrazione di questo sono l’isolamento sociale degli “infami”, i traffici che esistono tra detenuti, le rivolte carcerarie, i tentativi di evasione e, anche, i reclutamenti che gli islamisti fanno in carcere tra i giovani arabi che la borghesia relega nei ghetti e nella povertà, trasformandoli in combattenti anti-imperialisti e ridando loro un senso della vita e una dignità. In sintesi: la resistenza delle masse popolari all’oppressione della borghesia e la lotta di classe esistono anche in carcere.

A tutto questo bisogna aggiungere un altro aspetto, anch’esso spesso trascurato quando si ragiona sul carcere: gli agenti, gli impiegati, il personale medico e gli operatori sociali che lavorano nel carcere non sono un “blocco compatto”, anche al loro interno ci sono delle contraddizioni, non tutti sono disposti ad accettare l’uso della violenza nei confronti dei detenuti e sono indifferenti alle condizioni di degrado in cui sono tenuti. Questo è un ulteriore effetto della lotta di classe che attraversa anche il carcere, un’ulteriore contraddizione di cui tener conto, un’ulteriore punto debole del nemico e del suo sistema repressivo!

Per quanto riguarda i prigionieri politici essi sono rispettati da numerosi detenuti, perché vengono visti come coloro che hanno osato sfidare lo Stato e che per le loro idee hanno preferito fare il carcere anziché fare gli “infami” e tradire i propri compagni. Il rispetto e le connesse forme di sostegno aumentano tanto più quanto più la solidarietà all’esterno è forte ed “entra” nel carcere: manifestazioni fuori dal carcere, lettere e cartoline inviate al compagno detenuto, articoli, visite di parlamentari, ecc. La solidarietà rafforza i prigionieri politici, la resistenza dei prigionieri politici rafforza la lotta delle masse popolari: altro che mantenere un profilo basso e “stare buoni”!


Rivoltiamo contro il nemico i suoi attacchi!

Osare lottare, osare vincere!

Un saluto a pugno chiuso a tutti voi!


Per il Centro del (n)PCI